Castan Malattia

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Castan Malattia– Come membro della squadra di calcio della Roma nel 2014, Leandro Castan ha subito la devastante diagnosi di un cavernoma dopo una serie di disturbi. Per fortuna l’operazione al cervello è riuscita e l’ex difensore giallorosso è tornato in campo dopo una lunga riabilitazione. Dopo aver lottato con i debiti in Italia, è finalmente riuscito a farsi valere come capitano del Vasco de Gama in Brasile. Oggi Castan torna a parlare in esclusiva con Mola della sua malattia e della sua storia giallorossa, e ha così da dire: “Penso che la mia carriera sia scissa in due momenti,

quello di Leandro Castan da campione e quello di Leandro Castan da uomo Solo io conosco le fatiche che ho superato per rimettermi in gioco, le mie speranze di disputare il Mondiale, di scrivere la storia con la Roma e magari di vincere lo scudetto o giocare la Champions League sono state deluse dalla malattia. andare in ospedale il giorno del mio esordio in coppa programmato, non ho mai avuto modo di giocarla.La malattia mi ha privato di molto, ma mi ha anche benedetto con molto. Mancino naturale,

ha la stessa superba tecnica e l’eccezionale potenza fisica dei suoi celebri connazionali Cafu e Roberto Carlos. Forse non aveva le stesse qualità di piede dei due “piedi sinistri da favola”, ma ha compensato con una duttilità eccezionale, soprattutto perché ha acquisito rapidamente capacità difensive oltre che di impostazione. Castàn, giunto nella capitale già maturato da una lunga militanza a Corinthias , forte di un lungo apprendistato nel suo paese d’origine, prende subito la banda di Roma e impressiona con autorevolezza e carisma, collezionando rispettivamente 30 e 36 presenze nelle prime due stagioni alla Roma.

All’ex difensore è stato diagnosticato un cavernoma nel 2014, che ha portato a un intervento chirurgico che alla fine ha alterato il suo stile di vita sia dentro che fuori dal campo. Il brasiliano ha detto a Mola: “Solo io so cosa serve per tornare a giocare. Il cancro mi ha tolto tutte le aspirazioni, quella di giocare il Mondiale, quella di fare la storia con la Roma, e magari vincere lo scudetto o giocare la Champions League. Dato che sono stato ricoverato il giorno in cui la coppa ha debuttato, non ho mai avuto modo di giocarla. Nonostante la malattia mi abbia privato di molto, mi ha dato anche molto bene».

Leandro aveva sicuramente le carte in regola per una carriera “italiana” di successo, un paese che tradizionalmente ha avuto un debole per i suoi espatriati brasiliani. E i mancini del San Paolo e dintorni sono poesia per le nostre orecchie. Castàn viene elogiato soprattutto per la sua costanza di gioco, cosa di cui la Roma ha disperatamente bisogno, e quindi ha deciso di prolungare il suo contratto con il club fino al 2018. Ma nel 2014, la sfortuna di Leandro inizia davvero a farsi sentire. A 26 anni le viene diagnosticata la primi sintomi medici, tra cui emicrania e problemi alla vista,

e ha iniziato ad avere allucinazioni e tremori. tumore al cervello. Anche il nome, “cavernoma”, suona terrificante, tanto meno la consapevolezza di avere “il suddetto mostro” nella tua testa. Castàn ha periodi di depressione in cui vuole rinunciare al calcio ma deve dare priorità ad altri aspetti della sua vita. I suoi cari gli danno sempre le spalle e i suoi amici gli stanno accanto. L’incisione, il lento recupero, la ferita. Tuttavia, la Roma cerca di ristabilire la fiducia in Leandro cedendolo in prestito a Sampdoria, Torino e Cagliari per alcune stagioni, nonostante le condizioni fisiche di Leandro non siano mai tornate a quelle migliori.

Qualche piccolo segnale di miglioramento in Sardegna e Piemonte, dove ha collezionato complessivamente 14 presenze, ma quasi esclusivamente dalla panchina. Così Castàn prende una decisione che potrebbe avere conseguenze durature: decide di continuare a vivere. Senza nessun altro a cui rivolgersi, torna a casa dopo aver realizzato di essere stato cancellato dal calcio europeo. Tuttavia, la fascia di capitano e la famosa maglia del Vasco da Gama sono state sostituite. Leandro dimostra di non essere un calciatore e, soprattutto, un uomo mortale. Anche se i giorni di gloria di Washington e della nazionale verdeoro potrebbero essere lontani decenni.

E su internet Leandro mostra con orgoglio la cicatrice sulla nuca: la prende come un segno di Dio, ma lo fa con la compostezza di chi ha già vinto l’ultima e più difficile guerra. Una stagione cruciale con la maglia del Cagliari attende Castan che torna al suo ruolo da protagonista. In un’intervista alla “Gazzetta dello Sport”, il difensore ha rivelato l’entità dei suoi problemi di salute: Nel 2014 mi è stato diagnosticato il cavernoma cerebrale, la malattia che mi avevi destinato a sconfiggere. Sono stato malato per un po’, ho perso 15 chili e l’ho tenuto insieme solo grazie alla mia meravigliosa moglie, Bruna.

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I miei figli erano troppo piccoli per capire, ma prima o poi voglio raccontargli tutto. Competo come atleta per Cristo e mi attengo agli insegnamenti della Bibbia. L’ex giocatore diventato pastore Rodrigo guida un piccolo gruppo a Roma. Non era raro che finissimo a Milano. Mi è stato anche presentato Nicola Legrottaglie. Quando è arrivato Giampaolo ho capito che il suo stile di gioco non mi si addiceva, preferivo la marcatura a uomo, i contrasti e le scivolate. Mi ha chiamato Mihajlovic e mi ha mandato a Torino, dove abbiamo fatto un’ottima prima parte di stagione, vincendo 9 vittorie su 14. Poi sono tornato a Roma perché mi ero infortunato al flessore.

È stata una stagione fantastica per me nel 2013-14, ma non dimenticherò mai la Coppa Libertadores che ho vinto con il Corinthians nel 2011-12. Pertanto, ho avuto un piccolo disaccordo spiritosoh Spalletti a Roma, ma ormai è passato e io adesso sono qui. Dopo aver trascorso alcuni mesi alla guida della Roma, sono tornato al mio lavoro a Cagliari. A gennaio Lopez, Giulini e Rossi, il direttore sportivo della squadra, mi hanno convinto a fare il cambio. Dire solo grazie al mister non basta per tutto quello che ha realizzato e per quanta fiducia ha riposto in me. È divertente giocare per la vittoria,

mi sento bene e sto facendo tutto il possibile per aiutare. Come risultato di ciò che è accaduto, sento un profondo legame non solo con Joao Pedro ma anche con gli altri sopravvissuti. L’assimilazione in questo piacevole gruppo è semplice. Continui a sederti? Mi diverto a giocare e spero di essere mantenuto, ma solo se il presidente è disposto a pagare un giusto prezzo per me. Quando la Roma gioca all’Olimpico, sente il peso dell’attesa e spesso perde per la difficoltà dell’impianto. Beh, sono un viaggiatore del mondo; gli unici continenti che non ho visitato sono l’Asia e l’Africa.

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