Morgan Icardi Genitori

Spargi l'amore
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Morgan Icardi Genitori – La “chiamata” che ho ricevuto è stata a Seattle quando avevo cinque anni e vivevo a Los Angeles con la mia famiglia. Durante il soggiorno presso alcuni amici e clienti dei miei genitori, ho avuto la possibilità di prendere lezioni di pianoforte dalla loro figlia più piccola, Mila, che ha la mia stessa età. La canzone e lo strumento mi fecero una tale impressione che supplicai subito i miei genitori di lasciarmi prendere lezioni.

Mi sono subito iscritto al corso di pianoforte al Silverlake Conservatory of Music dopo il nostro ritorno a Los Angeles. Ho trascorso la maggior parte del mio tempo sulle colline di Laurel Canyon, il luogo di nascita del rock e sede di numerosi compositori di colonne sonore, dove la musica suonava sempre. Invece, ricordo di aver visto enormi cartelloni pubblicitari con Dudamel e LA Phil lungo Sunset Boulevard e sulla Grand Avenue di fronte alla Disney Hall durante il nostro viaggio in città.

Alcuni nomi possiedono una potenza alchemica unica, che consente loro di fungere da timbro permanente sull’identità dei loro portatori. Questo da solo è un motivo sufficiente per essere grati a Morgan Icardi. Il fulmine potrebbe essere saltato nel nostro regno di chanson per estromettere l’unico omonimo conosciuto, sovrano di un regno ideale popolato da spettacoli dal vivo, prodigi, creature fantastiche e Morgan con vero talento, non quello per ottenere lo smalto giusto.

Considera questo esempio: un quattordicenne che ha iniziato a suonare il pianoforte all’età di 5 anni, all’età di 12 anni era diventato il direttore d’orchestra e che, nonostante i suoi successi, non si comporta come un eroe epico. Lo vediamo per la prima volta a Torino, e la sua postura è quella di un ballerino, con la schiena perfettamente dritta. I suoi modi sono molto gentili e sembra piuttosto fluido.

Di recente è diventato uno dei più giovani direttori e pianisti al mondo a registrare un doppio CD, intitolato Mozart Across Boundaries. Pantaloni attillati e magliette nere sono l’uniforme della sua professione, quindi sono quello che indossa. Lo segue suo padre, anch’egli vestito tutto di nero; insieme, sotto il sole splendente di luglio, sembrano appartenere a un gruppo, una banda, una setta, o sono due maestri di Tai Chi.

O, per dirla più semplicemente, due generazioni separate dal tempo e dallo spazio all’interno di una famiglia che, senza aspettarsela, desiderarla e neppure cercarla, è stata costretta a fare i conti con l’inevitabile scelta del proprio figlio: farsi una vita da e per musica. Elena e Guido Icardi avevano la sensazione viscerale che il desiderio del loro figlio fosse qualcosa di più di una semplice fantasia passeggera.

Come il bracadabra di “Morgan”, che ricorda solo le fate ei tornei, i maghi ei sabba ei duelli della chanson de geste. Hanno sradicato la loro famiglia di quattro persone da Castigliole d’Adda e si sono trasferiti a Los Angeles in modo che potesse intraprendere la carriera di interior designer di ristoranti. Gli occhi di Morgan si aprirono mentre scrutava Grand Avenue dalla sua automobile, non alla “Walt Disney” Concert Hall della LA Philharmonic, ma ai mega-manifesti “Phil” con Gustavo Dudamel.

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Nel bistrot, prima del vitello tonnato, ci informa: “Il primo ricordo che ho di un direttore d’orchestra”. Sentire un’altra giovane ragazza suonare il pianoforte a casa di un amico è stata la scintilla che ha acceso il suo interesse per lo strumento. Seattle è stata la culla del grunge, ma quando sono arrivati lì, Morgan era già passato ad altre forme di “nirvana”, come la Terza Sinfonia di Brahms.

Non ne ho mai abbastanza. Lo stesso Mozart: hai visto la versione Forman di Amadeus? Poi dice, A cui ho risposto, “Diciamo un paio di dozzine di volte!” Poi si corresse rapidamente: “un paio di volte”. Mozart in the Jungle è una serie su YouTube che esamina gli aspetti positivi e negativi dell’universo sinfonico. Un programma di realtà nella giungla non gli fornirebbe più informazioni di quelle che ha già.

“La musica classica è come una foresta”, come ha affermato Simon Rattle. Forse il fatto che “una volta entrati non si vede tutto né si afferra tutto” fa sentire minacciati i giovani di oggi, abituati alle soddisfazioni immediate e alla cultura dello scarto. Al contrario, sembrano divertirsi. Ho ricevuto messaggi da persone in Europa, Asia, Africa e Sud America. Quando dice “social”, intende Facebook, che non è esattamente il sito più apprezzato dai giovani di oggi.

Oltre centomila suoi coetanei lo seguono su Facebook. Alcune persone non hanno mai nemmeno visto un pianoforte, figuriamoci ascoltato musica classica. Potrebbero, ovviamente, usare solo Spotify, ma non sarebbe la stessa cosa. E non è nemmeno il mio obiettivo finale: riunire un nuovo gruppo di giovani entusiasti e dimostrare che Mozart non è “per vecchi”.

La popolazione generale di Sfera Ebbasta ha alcune idee sbagliate su Beethoven, come la convinzione che occorrano soldi per studiare e acquistare un pianoforte, tempo per immergersi in esso, accesso alle esibizioni e un senso altamente sviluppato di sensibilità musicale per apprezzare davvero il compositore. “Ma la musica ti dà quella sensibilità!” La sua espressione si illuminò mentre si concentrava sul risultato finale.

Aggiungiamo che probabilmente qualcuno che preferirebbe suonare il solfeggio rispetto a God of War un po’ insolito, non convenzionale e aperto a nuove idee. Tuttavia, i giovani di oggi hanno più libertà rispetto alle generazioni precedenti. Qualsiasi cosa. Il magro genio adolescente con i baffi e un tocco di peluria sopra il labbro non riesce a capire come qualcuno possa essere tutt’altro che felicissimo di Giove e dei risultati.

Per il suo debutto nel 2019 al Todi Festival, è ben abituato al rigoroso programma di studio di tutti, di ogni elemento. Il suo modo di suonare in gruppo è davvero mozartiano… » una pausa. “Di 20-30 elementi”, aggiunge frettolosamente dopo aver sentito la sirena. La quantità estrema di studio non è il problema: trovare la giusta via di mezzo tra libera interpretazione e rigore eccessivo è la vera sfida qui; il primo si trasforma in un esercizio stilistico, mentre il secondo non offre nuove intuizioni.

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