Giovanni Pennisi Arresto

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Giovanni Pennisi Arresto – La località balneare di Letojanni era il suo obiettivo prefissato . Un aumento delle minacce di stampo mafioso contro chi ha il coraggio di denunciarle. Per il resto dei suoi tre anni, tre mesi e tre giorni di carcere per tentata estorsione aggravata in concorso, Giovanni Pennisi, 35 anni, di San Giovanni La Punta, sospettato di essere vicino al clan Laudani, è tornato alla “Bicocca” ” penitenziario l’altro ieri. I carabinieri della stazione di San Giovanni La Punta lo hanno arrestato dopo aver ricevuto la notizia di un mandato di cattura da parte della sezione esecuzioni della procura distrettuale dell’Etna.

Giovanni Pennisi, insieme ai suoi coimputati, è stato riconosciuto colpevole di una serie di minacce, aggressioni e danni materiali diretti contro i gestori di un resort messiniano sullo Ionio.
Il gestore della struttura ricettiva di Letojanni ha avvistato una bottiglia contenente liquido infiammabile la mattina del 13 maggio 2009, e l’ha denunciata agli agenti della squadra di polizia giudiziaria del Commissariato di Taormina. L’episodio in questione non era il pilot. Le automobili di alcuni visitatori del lido hanno già subito il taglio delle gomme, ma questo incidente non è stato segnalato.

Un paio di giorni dopo il ritrovamento della bottiglia, due uomini uno dei quali era di Catania sono saliti su una Bmw Z4 e si sono presentati al gestore del lido come “quelli del Canalicchio”, chiedendo una somma di 100.000 euro a titolo di pagamento “una tantum” e altri 2.500 euro al mese per lasciarli soli. Il manager si rifiuta di pagare e la pressione per obbedire alla fine lo porta a scoprire una seconda bombola piena di gas.Ora arriva la seconda, più movimentata “visita”, durante la quale il dirigente viene avvertito di non sottovalutare la richiesta altrimenti “loro di Canalicchio” gli fa saltare la testa.

L’incidente più recente è avvenuto nel luglio 2009, quando due persone, in piena vista del personale del resort, hanno inzuppato il banco della reception del resort a benziona e dato fuoco agli arresti. Sappiamo che pensavi stessimo scherzando. Poi non l’hai capita «ma ora la denuncia è stata fatta e le indagini possono iniziare. Giovanni Pennisi, 35 anni, di San Giovanni La Punta, provincia di Catania, è stato condannato a tre anni, tre mesi e tre giorni di carcere.L’individuo è stato prelevato dai Carabinieri dopo che la Procura della Repubblica di Catania aveva depositato nei suoi confronti un mandato di cattura.

Pennisi è stato condannato per aver tentato di commettere il più grave reato di estorsione aggravata per associazione a delinquere. L’incidente è avvenuto nel 2009 nei pressi di Letojanni, vicino a Messina.L’uomo è stato trasferito al carcere Bicocca di Catania.L’inchiesta che ha portato all’arresto degli avvocati Giuseppe Arcidiacono e Salvatore Mineo con l’accusa di concorso esterno ha provocato un forte terremoto nel settore della giustizia forense e processuale. L’avviso di 21 pagine di conclusione delle indagini preliminari degli investigatori forensi Lina Trovato e Antonella Barrera riporta i nomi di 66 indagati.

tra cui i due posti agli arresti domiciliari su richiesta del Riesame. Si è conclusa l’inchiesta sulla fondazione della famiglia “Mussi I Ficurinia”, rappresentata dal patriarca Sebastiano Ianu Laudani nato nel ’26 e da altri esponenti della “famiglia” mafiosa. Le due viceré madrine,…, spiccano come prime sospettate. Vedova di Santo Laudani Mariella Scuderi e Concetta Scalisi, che secondo la Procura è responsabile dei collegamenti di Adrano. Antonino Rapisarda, referente dei Laudani di Patern, e Carmelo Pavone l’Africano, capogruppo della Mussi I Ficurinia di Aci, hanno entrambi ricevuto avvisi di conclusione delle indagini.

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La richiesta di annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare è stata accolta o dal Tribunale del Riesame o dalla Cassazione, con conseguente rimozione di oltre 40 posti di indagato. Potrebbero anche emergere richieste di spazio di archiviazione. La “madrina di Caltagirone”, Paola Torrisi, e il “boss di Piedimonte Etneo”, Paolo Di Mauro, ‘u Prufissuri, sono stati entrambi scarcerati pochi giorni dopo il blitz grazie al Tribunale della Libertà anche lei è tornata in libertà con preciso ordine di revisione. Carmelo Bonaccorso, Giuseppe Borz, Rosario Campolo, Alberto Gianmarco Angelo Caruso, Andrea Catti, Saverio Cristaldi, Orazio Cucchiara.

Giuseppe D’Agata, Sebastiano D’Antona, Vito D’Anzuso, Orazio Di Grazia, Antonino Di Mauro, Orazio Salvatore Di Mauro , Santo Giuseppe Gerbino, Giovanni Giuffrida, Sebastiano Granata, Giuseppe Grasso, Franco Guglielmino, Carmelo Orazio Isaia, Giuseppe Fichera, Antonino Finocchiaro, Sebastiano Flori, Antonino Fosco, Giuseppe Grasso, Giuseppe Grasso, Giuseppe Grasso Sebastiano Laudani il patriarca, classe di ‘ 26, Sebastiano Laudani, Orazio Leonardi, Concept Laudani, Giuseppe Laudani, Santo Orazio Laudani, Salvatore Mineo avvocato.

Giovanni Muscolino, Giovanni Antonino Nicolosi, Alfio Nucifora, Antonino Luca. Daniele Mangiagli, Carmelo Maugeri, Orazio Militello. Antonio Carmelo Pavone, Giovanni Pennisi, Francesco Antonio Pistone, Gianluigi Antonio Partini, Giuseppe Parenti, Giovanni Parisi, e Gianluigi Antonio Partini. Tutti i precedenti, più: Antonio Rapisarda, Alfio Romeo, Concetta Scalisi, Omar Scaravilli, Orazio Sciuto, Maria Scuderi, Orazio Salvatore Scuto, Salvatore Sorbello, Giuseppe Tomarchio, Maurizio Tomaselli, Michele Torrisi, Sebastiano Torrisi, Antonino Francesco Ventura.

Michele Torrisi, Sebastiano Torrisi, Antonino Francesco Ventura, Salvatore Sorbello, Giuseppe Tomarchio, and Maurizio Tomaselli. Un gruppo di italiani guidato da Salvatore Sorbello e comprendente Giuseppe Tomarchio, Maurizio Tomaselli, Michele Torrisi, Sebastiano Torrisi e Antonino Francesco Ventura. I Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, sotto la direzione dei pm Giovannella Scaminaci, Pasquale Pacifico, Lina Trovato e Antonella Barrera, hanno effettuato a febbraio un’operazione denominata “I Viceré”. I più colpiti saranno i Laudani, i secondi più radicati nei comuni dell’entroterra etneo dopo i Santapaola – Ercolano.

Più di cento misure di sicurezza sono arrivate ai membri della banda, dai livelli più alti a quelli più bassi, infliggendo un colpo devastante alla famiglia. Tra le accuse contestate figurano legami mafiosi, estorsione, traffico di stupefacenti e detenzione illegale di armi da fuoco. L’inchiesta fa anche luce sul ruolo centrale svolto da alcune donne, rivelandole personaggi potenti con un impressionante senso degli affari. Una famiglia conosciuta come “I Mussi I Ficurinia”, che hanno mantenuto una considerevole presenza militare nel corso della loro storia e che ora sono in grado di infiltrarsi e danneggiare i sistemi commerciali e industriali. Le osservazioni di.

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